29
Ott
2013

Digitalizzare i processi SOLO DOPO averli corretti

Di Andrea Aulisi pubblicato martedì 29 ottobre 2013 in Misurazione analisi e miglioramento |

Robert Higgins

Antonio mi stava raccontando di quanti interrogativi avesse nell’implementazione del nuovo gestionale. Il ciclo produttivo tutto sommato era abbastanza immutato da anni per sembrare fattibile una sua digitalizzazione. La produzione meccanica di un’azienda di medie dimensioni è tutto sommato una disciplina nota a tutti i principali operatori di ERP anche oramai quelli più piccoli. Eppure nel racconto di Antonio, imprenditore alla seconda generazione, c’era qualcosa che mi sfuggiva fino a quel momento e che non riuscivo a mettere a fuoco. In effetti negli anni, il processo produttivo si era a arricchito di una serie di caratteristiche che prima erano marginali. Le spedizioni estere, le fotografie alla merce prima dell’imballaggio, le certificazioni di prodotto, la documentazione tecnica, ecc.

Ascoltandolo parlare, però, mi si andava sempre più delineando che la visione che egli aveva dei processi produttivi della sua azienda fosse confusa (come spesso avviene a chi vive le cose dal di dentro: è molto più facile avere le idee più chiare nella veste di osservatore), forse inquinata da una visione legata al processo produttivo nel senso stretto del termine e che, in un modo o in un altro, tentasse di escludere la fastidiosa burocrazia inseritasi nel processo nel corso degli anni.

Purtroppo Antonio non aveva ancora mai pensato a misurare quanto incidessero le attività produttive in senso stretto rispetto alle attività NON produttive. Anzi, per farla breve non si era ancora reso conto che la sua azienda si era trasformata negli anni da un’azienda di prodotti in un’azienda di servizi. Infatti  pochi sanno che in azienda una percentuale compresa tra il 60 e l’80% di tutti i costi relativi alla soddisfazione dei requisiti di un cliente è di natura amministrativa.

Anche se può far inorridire, è meglio guardare con realismo quello che accade. Rispetto ad anni fa, le imprese non fanno più prodotti per il mercato, ma SODDISFANO BISOGNI che sempre meno hanno a che fare con la materialità del prodotto. La stessa Apple non sarebbe la stessa senza la comunicazione, senza il packaging ecc. A riprova di questo sta la tendenza trentennale a delocalizzare la produzione in aree geografiche a minori costi, dando per scontato che la produzione debba influire in parte marginale sul costo finale del prodotto.

Ma Antonio cosa dovrebbe fare: delocalizzare anche lui? Tornare agli anni 80 quando l’azienda di suo padre faceva lavorazioni per terzi? O trovare il modo di continuare la produzione dove l’ha sempre fatta con un’efficienza e un contenuto tecnologico maggiore. Sì perché l’innovazione non è soltanto creare nuove tecnologie, non è soltanto creare prodotti che prima non c’erano, non è fare 20 brevetti al mese. A volte è anche semplicemente relativo al modo di fabbricare qualcosa. L’innovazione può arrivare innovando una modalità costruttiva, un processo, indagando come rimuovere uno spreco o introducendo una nuova tecnica progettuale.

Ecco quindi che fra un sorso di caffè e un altro, al termine del racconto di Antonio, in cui ho ascoltato volentieri  le sue lamentele, i suoi desideri e e le sue preoccupazioni, gli ho chiesto: “come vorresti che diventasse tua attività?”

La risposta ha stentato un po’ a concretizzarsi, ma alla fine siamo arrivati a visualizzare il modello di attività desiderato. E ci siamo subito messi a lavorare affinché questa visione si possa realizzare nel più breve tempo possibile, a partire proprio da quel processo di digitalizzazione dei processi produttivi che era stato appena iniziato: cosa sarebbe successo se il processo amministrativo e produttivo fosse stato digitalizzato senza prima identificare gli sprechi, i colli di bottiglia, le perdite di efficienza, gli inutili giri di carta, e altre piccole e grandi inefficienze? Sarebbe semplicemente successo che gli errori sarebbero diventati sistematici perché diventati parte del ciclo produttivo.

Invece, affrontando un processo di snellimento ed efficientamento in cui ogni singola attività è dapprima mappata, in maniera molto semplice e agile, in modo da permetterne il suo spostamento, modifica o eliminazione e SOLO DOPO digitalizzata, esiste la concreta possibilità di rendere migliore la vita dei lavoratori, di migliorare la competitività del prodotto, e di accontentare meglio sia il cliente che il proprietario.

Sì, direi che l’efficientamento dei processi in ottica di lean management e la loro digitalizzazione sia davvero un’attività che non vede perdenti ma solo VINCITORI, perché vincono TUTTI gli stakeholder.

L'autore: Andrea Aulisi

Andrea Aulisi: fiorentino classe 1967, Ingegnere meccanico e appassionato da sempre di meccanica e meccanismi, ma anche di persone, delle loro interazioni e dei “meccanismi” che regolano la vita produttiva. Ha una società di consulenza a Firenze dopo averla avuta anche a Torino; lavora da quasi venti anni nella consulenza direzionale, è membro dell’osservatorio Green Banking di ABI, relatore e autore di testi, formatore e lead auditor Certificato IRCA dal 2001. Le sue specializzazioni spaziano dal mondo bancario a quello dell’ICT e del software a quello manifatturiero e dei servizi. con particolare riferimento alla Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR, ambiente, sicurezza, etica ISO 14001, OHSAS 18001, ISO 26000, SA 8000), alla Sicurezza dei Dati e delle Informazioni (Sicurezza dei dati, Business Continuity, ISO 27001, BS 25999, D.Lgs 196/01), alla Valutazione dei Rischi in generale e alla Gestione dei Reati Aziendali (D.Lgs 231/2001).

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Questo articolo è stato pubblicato martedì 29 ottobre 2013 da Andrea Aulisi il martedì, ottobre 29, 2013 alle 06:30 ed appartiene alla categoria Misurazione analisi e miglioramento. Puoi seguire i commenti a questo articolo attraverso i feed RSS 2.0. Lascia un commento!

 

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