12
Nov
2012

Deming e le biglie rosse

Di Michela Rea pubblicato lunedì 12 novembre 2012 in Misurazione analisi e miglioramento |

Negli anni ’80, già in pieno clima “Corporate America” e Reaganismo, Deming invitava il suo pubblico di top management a partecipare ad un gioco/esperimento molto potente.

Prima chiamava 5 persone dal pubblico ad interpretare il ruolo degli operai,  e poi aggiungeva 2 figure con responsabilità diverse, il supervisore e il contabile.

La “fabbrica” era molto semplice e simulabile nella generica aula o sala convegni.

Sul tavolo poggiava una boccia contenente decine di biglie trasparenti e poche biglie rosse e chiedeva ad ogni singolo “operaio” di pescare con una specie di mestolo forato alcune biglie evitando le rosse – non conformi. A tutto il pubblico era evidente che il risultato della pesca, misurato in termini della numerosità di biglie rosse,  era indipendente dall’abilità dell’operatore e frutto di un puro effetto probabilistico.

Il gioco veniva  strutturato su più turni e più giorni. Fin dalla prima conta delle biglie bianche vs le rosse, e relativa normalissima distribuzione di probabilità con alcuni operai che non ne avevano pescata nessuna, altri solo una ed altri ancora un numero più elevato, in modo molto realistico il supervisore cominciava ad ammonire gli operai negligenti ed esaltare la prestazione di quelli più bravi. Nei turni e giorni successivi si evidenziavano dei trend di miglioramento e peggioramento con relativi passaggi “dall’altare alla polvere”, prosecuzione delle umiliazioni per quelli costantemente “underperforming” e success stories di quelli che invece miglioravano. La settimana si concludeva con il licenziamento degli operai peggiori e, presumiamo, un forte anche se probabilmente non duraturo senso di colpa nei top manager presenti.

Questo esperimento rappresenta all’ennesima potenza una grande verità della scienza delle organizzazioni e dei sistemi e cioè che le prestazioni sono in gran parte determinate dalle caratteristiche del sistema e poco ascrivibili alle capacità e incapacità del singolo. Sebbene a seconda del ruolo, delle competenze e del livello gerarchico della persona che esegue la prestazione oggetto del giudizio il livello di responsabilità e la possibilità di incidere sui risultati sia differente, Deming diceva che si tratta sempre di un’equazione a due incognite (irrisolvibile: servirebbe un sistema di due equazioni per trovare una soluzione).

Sbaglia chi liquida tutto questo come buonismo. Certamente Deming nei suoi 14 punti per un nuovo management  inserisce come concetto cardine il “dovere morale” di fare tutto il possibile affinchè ogni singolo lavoratore possa trovare nella sua attività la gioia e l’orgoglio e quindi ricade su chi ha la possibilità di fare design organizzativo il compito di  strutturare il processo e le competenze in modo che questo sia possibile. Certamente Deming era lontano anni luce dal modello Taylorista-Fordista o dal modello ipercompetitivo e di capitalismo selvaggio che di stava affermando in quegli anni.

Eppure Deming non faceva appello all’umanesimo di matrice filosofica o religiosa. Deming parlava di statistica e faceva notare che il 99.7 abbondante delle prestazioni ricade in un intervallo di normalità e di controllo statistico in cui la prestazione del singolo non è separabile da quella del sistema. All’interno di questo grande intervallo è perfettamente normale che alcune prestazioni siano al di sotto della media e altre al di sopra della media perché stiamo parlando di distribuzioni gaussiane di probabilità. E che tra le une e le altre non c’è alcuna differenza reale: per cambiare quelle al di sotto della media devo intervenire strutturalmente sul sistema. E qui si aprono almeno altri due interessanti capitoli di cui parleremo in futuro, quello delle distribuzioni non gaussiane di probabilità e dei cigni neri da una parte e quello della feroce critica, che già potete intuire, di Deming all’MBO o Management per Obiettivi.

Concludo dicendo che interiorizzare questi concetti semplici ma per certi versi controintuitivi è difficile per tutti: quando torno a casa dal pediatra in panico perché le mie figlie sono entrambe sotto la media nella curva di crescita del peso mio marito mi deve ricordare che sono una consulente Deming….e tutto quello che questo comporta!

L'autore: Michela Rea

"A giudicare dal numero di persone che scrivono sul proprio profilo linkedin di essere dei coach da parte delle organizzazioni c'è una domanda significativa di change management. Ma come lavorano questi professionisti del cambiamento? E come si costruisce un percorso di miglioramento profondo, coerente e completo?"

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Questo articolo è stato pubblicato lunedì 12 novembre 2012 da Michela Rea il lunedì, novembre 12, 2012 alle 07:00 ed appartiene alla categoria Misurazione analisi e miglioramento. Puoi seguire i commenti a questo articolo attraverso i feed RSS 2.0. Lascia un commento!

 

Attualmente sono stati lasciati 2 commenti a “Deming e le biglie rosse”

  1. 1
    Rino Panetti ha detto:
    12 novembre, 2012

    Ottimo Michela! … ricordo che una decina di anni fa mi costruii quella che ho poi chiamato “la scatola di Deming” (nella sua versione originale, con la paletta forata per pescare dentro l’urna!).
    Ho visto che nei prossimi post parlerai della gaussiana e similia … attenta però, perché Deming aveva l’orticaia quando si riempiva di statistica la logica dell’SPC 🙂 (ma tanto so che lo sai benissimo).
    Riguardo invece il tuo commento successivo, ne comprendo il senso e i motivi; anch’io la pensavo come te fino a un po’ di tempo fa … però, pur confermando la profondità dell’approccio di Deming, della logica SPC e dei 14 punti della sua (di Deming) TPK, devo dire che il lato “human” ha una sua rilevanza che va oltre l’approccio di Deming (se pur, ci sia anche tanta fuffa…)
    Un caro saluto!
    Rino

  2. 2
    Michela Rea ha detto:
    13 novembre, 2012

    Ciao Rino,
    grazie per il commento, i punti che sollevi sono interessanti, ti rispondo in modo specifico:
    – per quanto riguarda le gaussiane sono consapevole dei caveat di Deming rispetto al non snaturare il suo approccio con le manipolazioni statistiche però sono anni che rifletto sulle code della Gaussiana. La maggioranza di chi fa il nostro lavoro ha la sensazione che le “code” siano più grosse di quello che dice la teoria: percezione fallace? Può anche darsi, però ci sono delle teorie interessanti su quello che succede nel mondo non gaussiano e ai confini delle gaussiane stesse e il cigno nero è sicuramente una delle più divertenti
    – forse ho frainteso la seconda parte del tuo commento ma se parliamo dello human in generale sono assolutamente d’accordo con te, io stessa lavoro molto con la Teoria dei Vincoli sui meccanismi di apprendimento e sulle dinamiche organizzative e collaboro con vari colleghi che intervengono sugli aspetti umani in modi quasi miracolosi con la TOC o con altre discipline sistemiche. Nello specifico mi riferivo al solo MBO che dal punto di vista teorico ha perso molto appeal ma operativamente continua ad avere una sua diffusione e che nasce strutturalmente da una mancanza di comprensione delle distribuzioni normali di probabilità e del loro significato

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